L’ attività di formazione ha lo scopo di far acquisire a chi percorre questa strada le competenze richieste per una qualificazione professionale e la funzione primaria di dotare chi percorre questa strada di strumenti idonei ad affrontare meglio e più in fretta il mercato del lavoro.
Si tratta di un servizio di interesse pubblico (art. 2, legge 21 dicembre 1978, n. 845) e il cui esercizio è libero, cioè non sottoposto ad autorizzazioni/concessioni da parte di Stato, Regione o altre Autorità pubbliche.
Ed è proprio nella libertà di gestione che caratterizza quest’attività, così come nella conseguente atipicità di quelli che si definiscono propriamente “corsi di formazione” che possono trovare spazio comportamenti non in linea con i principi fissati dal Codice del consumo.
Pertanto, prima di iscriversi a qualsiasi corso di formazione organizzato da società di formazione è fondamentale esaminare attentamente, o far esaminare da un esperto, i testi contrattuali proposti per l’adesione ricordando che l’art. 35 cod. consumo dispone che: «Nel caso di contratti di cui tutte le clausole o talune clausole siano proposte al consumatore per iscritto, tali clausole devono sempre essere redatte in modo chiaro e comprensibile».
Bisogna sempre diffidare di testi poco trasparenti soprattutto quanto l’insufficiente informazione concerne elementi rilevanti del contratto, e quindi, in primis, le modalità di svolgimento del corso, le specifiche competenze alla cui acquisizione il corso dovrebbe servire e le caratteristiche dei soggetti formatori.
Analogamente non possono ritenersi chiari e comprensibili, e quindi affidabili coloro che li propongono, quei formulari contrattali in cui si si trovino frasi del tipo «Il richiedente […] dà atto […] di avere preso accurata visione e di essere stato reso ampiamente edotto dei contenuti e delle caratteristiche del corso richiesto: in articolare del programma da svolgere, delle materie, dello svolgimento teorico e pratico dell’insegnamento, degli specifici obiettivi di formazione per l’inserimento nelle realtà lavorative connesse, il tutto come da materiale illustrativo esaminato ed esaurientemente spiegato dall’incaricato dell’istituto».
Facciamo un esempio per comprendere perché è fondamentale valutare la chiarezza e completezza dei moduli contrattuali proposti dalle società/agenzie di formazione.
Pensiamo ai numerosi corsi di recupero offerti sul mercato, se nella “Descrizione del servizio” contenuta nel formulario si indica solo la durata “massima” degli “incontri collettivi” e il numero “massimo” di incontri settimanali, ma non è indicata la durata minima e il numero minimo di incontri, si può ritenere che la clausola rispetti il requisito della trasparenza?
La risposta è no. Tale formulazione non informa, infatti, né garantisce all’allievo il numero minimo di incontri, e di durata degli stessi, che occorrono per le sue esigenze di apprendimento, quindi, egli non è in grado di valutare la qualità, e quindi, l’utilità del corso che gli viene proposto e non è neppure in grado di capire quali saranno le modalità di svolgimento del corso e, quindi, il tipo di impegno (anche di tempo) richiesto.
È ovvio che in queste condizioni diventa difficile anche valutare l’adeguatezza del corrispettivo quand’anche questo sia esattamente determinabile a priori.
Le principali clausole cui è necessario fare attenzione all’atto della firma di un contratto proposto da una società/agenzia/ente di formazione sono quelle che prevedono:
- riserve di flessibilità e/o variabilità relativamente a date e luoghi di svolgimento dei corsi, che, se non bilanciate da una corrispondente facoltà di recesso dell’allievo, possono entrare in conflitto con l’art. 33, lettera m), Codice di consumo che non consente di modificare unilateralmente le clausole del contratto, salvo giustificato motivo indicato nel contratto stesso;
- un impegno definitivo del consumatore, mentre l’esecuzione della prestazione del professionista è subordinata ad una condizione il cui adempimento dipende unicamente dalla sua volontà;
- modalità di pagamento del corrispettivo che possano determinare un significativo squilibrio a carico del consumatore laddove questi possa trovarsi costretto a pagamenti non dovuti per azionare un diritto a rimborso (una sorta di solve et repete);
- riserve di variazione del corrispettivo non accompagnate dal riconoscimento di una corrispondente facoltà di recesso dell’allievo se il prezzo finale è eccessivamente elevato rispetto a quello originariamente convenuto;
- riserve di affidamento del servizio a terzi, anche nel caso di preventivo consenso del consumatore, qualora risulti diminuita la tutela dei diritti di quest’ultimo;
È inoltre assolutamente da diffidare di quegli enti che propongano formulari che nella parte finale del modulo, quella che solitamente contiene le cosiddette clausole vessatorie ex art. 1341, comma 2, che, per produrre effetto, devono essere specificamente approvate per iscritto, richiamino in blocco tutte le condizioni generali di contratto o gran parte di esse, comprese quelle prive del carattere vessatorio.
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